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Prova Kawasaki W800 Special Edition

Chi pensa che le classiche debbano per forza avere un passaporto europeo dimentica la W800, la più classica tra le classiche. La linea azzeccatissima e precise scelte progettuali nascondono una tecnica moderna e una ciclistica efficace. Guidarla dà gusto, anche sulle strade bianche

Quante tipologie di moto esistono oggi? Le naked, le maxi naked, le naked sportive, le enduro, le maxi enduro, le crossover. Potremmo andare avanti fino alla fine della pagina ma non è il caso. Evoluzione significa anche differenziazione. Tuttavia c’era un tempo in cui le moto erano semplicemente moto, un tempo in cui le strade non erano tutte asfaltate ma c’era polvere, un tempo in cui un modello era buono per tutto: ti portava in giro, al lavoro, in gita. E poco importava se ci si impolverava un po’, l’importante era spostarsi velocemente. La moto era prima di tutto in mezzo di trasporto dotato una semplicità intrinseca che oggi sembra aver voglia di tornare. Fateci caso, viviamo in un’epoca in cui l’atavica fame di velocità e di prestazioni sembra essere messa da parte in favore di altre cose. Dopo esserci ingozzati di cavalli ed elettronica abbiamo bisogno di qualcosa che stimoli il nostro ego ma in modo differente. Guardiamo alla semplicità, al “vintage”, cerchiamo di crearci una “nostra” moto, magari partendo da un modello fuori produzione. In questo contesto storico si inserisce perfettamente la Kawasaki W800, una “moto-moto” come quelle che c’erano allora, vintage nell’aspetto, moderna nei contenuti, semplice come un foglio bianco su cui ognuno può tratteggiare la propria idea di motocicletta. Non è nostalgia, è un mondo semplice, dove bastano una tenda, una cartina e una moto per essere felici.Non è un caso che la Kawasaki W800, come molte altre classiche, sia la base di partenza per molti customizer, che dalle sue linee classiche ed essenziali creano special di indiscutibile fascino. Ma la W800 il fascino lo mette di serie, grazie anche ad alcuni spunti che non passano inosservati a chi ama la bella meccanica, come ad esempio la distribuzione mossa da un alberello e una coppia conica, una chicca tecnica che catalizza l’attenzione sul lato destro della moto. E poi gli scarichi a bottiglia, il freno posteriore a tamburo (che è li per scelta, mica per ripiego), il motore con i cilindri assolutamente verticali e raffreddati ad aria (indimenticabile il rumore del metallo che “canta” quando si spegne il motore), i cerchi a raggi con pneumatici molto scolpiti, il diametro delle ruote (da 18 e 19 pollici). Tutto sulla Kawasaki W800 contribuisce a dipingere un quadro a cui è difficile restare indifferenti. Gironzolando con lei si incappa in commenti che spaziano dal “complimenti è tenuta benissimo” al “ma come l’hai restaurata bene”. Chi non conosce bene il nostro mondo (quello delle moto intendo) non sa che la W800 è regolarmente a listino a 8.730 euro per la Special Edition come quella della nostra prova. 48 cv, 60 Nm di coppia, 216 kg di peso. In questi pochi numeri è racchiusa l’essenza della W800. Pochi? Tanti? La risposta che ci sentiamo di dare è “giusti”, perché durante la nostra lunga convivenza con la 800 Kawasaki abbiamo fatto di tutto, dal commuting al viaggio, senza sentire il reale bisogno di avere qualcosa di più. La Kawasaki fa parte di quelle moto che hanno dentro di sé “l’andamento lento”, che ti prende quando sei in sella a uno di questi particolari modelli (e ce ne sono più di quel che sembra) e fa sì che venga voglia di accarezzare il gas, non di spalancarlo, e che il tempo in sella scorra meno veloce, secondo il credo del “relax, take it easy”.Per questo motivo abbiamo voluto portare la W800 in un luogo in cui il tempo rallenta sul serio. La Toscana, in particolare le terre fantastiche tra Siena, San Giminiano e Montalcino. Un luogo dove l’asfalto si intreccia con la polvere delle strade bianche proprio come accadeva un tempo, dove gruppi di ciclisti arrivano per assaggiare com’era correre su queste strade polverose 50, 60 o 70 anni fa. Questa è la patria dell’Eroica, la gara di bici d’epoca più famosa del mondo. Qui, nei borghi toscani, lungo le strade punteggiate dai cipressi, la W800 sembra trovare la sua dimensione ideale. https://youtu.be/Ek32fEHB0gMÈ una moto semplice ma molto funzionale. È comoda grazie a una sella ampia e ben imbottita. Silenziosa, forse fin troppo. Offre il bello della moto senza dover per forza andare forte. Così puoi gustare l’erogazione corposa del suo twin che tira deciso fin dai bassi e non invoglia certo a vedere la zona rossa. Piuttosto invita a snocciolare tutte e cinque le marce, una dietro l’altra, sapendo che tanto il motore le tira sempre. La W800 ha una ciclistica sana e non si tira indietro anche se il ritmo si alza, entro certi limiti. Fatela scorrere e vi soddisferà. Il telaio e le sospensioni lavorano bene: niente di fantascientifico, ma la forcella è perfino sopra le aspettative (e meglio di altre classiche) e gli ammortizzatori difficilmente raggiungono il fondocorsa, anche in coppia.Il gusto di guida c’è e l’unica accortezza che si richiede è prendere le misure ai freni perché la pinza anteriore morde il disco con una certa parsimonia e la leva va tirata a dovere; per fortuna in suo aiuto arriva il tamburo posteriore, efficace e mai incline al bloccaggio. Il bello di usare la W800 è che non ci si fanno troppe menate: ha un motore efficiente, consuma poco (facile passare i 20 km con un litro, ma il serbatoio è piccolo e limita un po’ l’autonomia) e consente senza problemi di tenere la velocità di crociera autostradale a prova di tutor. Non pesa una tonnellata ed è così facile da usare che chiunque è in grado di guidarla. Anche un neopatentato, perché rientra nei limiti della categoria A2. Se vi prende il morbo della moto classica, fateci un pensierino.Foto di Simon Palfrader, immagini Alessandro Pozzi, editing Andreas Traiani

 

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