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Motore portante o telaio?

Meglio un telaio, un semi telaio o nessun telaio? La scelta Ducati di usare un motore completamente portante ha fatto molto discutere, ma l'azienda italiana non è la sola ad averla fatta...

Se ne è parlato per tutto il 2011, se ne parlerà ancora e poiché tra due giorni potremo anche provare la 1199 Panigale, torneremo ancora sull’argomento. Ma il telaio in una moto è necessario oppure no? L’oggetto del contendere è tornato di stretta attualità l’anno scorso, dopo che le tribolazioni dell’accoppiata Rossi-Ducati per accordare la ciclistica della Desmosedici  alle gomme Bridgestone sono finite sulla bocca di tutti. Ora che la Desmosedici si è “convertita” al telaio (inteso come una struttura che unisce senza discontinuità il cannotto di sterzo al perno del forcellone) arriva la Panigale, che il telaio non ce l’ha.Dato per scontato che una soluzione tecnica esiste fino a che non se ne trova una più efficace, molti hanno giudicato la scelta Ducati come rivoluzionaria o perfino azzardata. In effetti, la 1199 Panigale rivoluzionaria lo è sul serio e per vari motivi, ma la scelta tecnica di utilizzare un motore portante è forse quella meno rivoluzionaria tra quelle della nuova supersportiva italiana. In effetti, Ducati il motore portante lo ha sempre utilizzato (sarebbe meglio dire “semi portante”), perché su tutte le moto prodotte a Borgo Panigale il forcellone è sempre stato infulcrato direttamente al carter motore, che quindi ha sempre svolto funzione portante. Semplificando, possiamo dire che con la Panigale in Ducati hanno estremizzato il concetto, “accorciando” la struttura anteriore: prima il traliccio scendeva fino al perno e collaborava in modo modesto alla rigidezza strutturale della zona posteriore.Se poi andiamo a spulciare tra le moto in produzione scopriamo che c’è chi questa soluzione la utilizza senza troppo clamore da anni. Parliamo di BMW, che usa il motore completamente portante fin dai tempi della prima R 1100 GS. La moto spogliata spiega bene il concetto. Sulla BMW, come sulla Panigale, non esiste una struttura che collega direttamente il cannotto di sterzo al perno del forcellone: è il motore a fare tutto. Al motore è fissato direttamente il monobraccio posteriore, mentre una corta struttura (in tubi di acciaio per BMW, in alluminio per la Panigale) svolge il ruolo di supporto per il cannotto di sterzo. Sulla BMW addirittura il motore funge da punto di fissaggio per il Telelever.Ma c’è un’altra moto ancora più interessante a cui potremmo dire, senza timore di essere offensivi, che la Panigale è ispirata. Questa moto si chiama Britten ed una supersportiva bicilindrica creata da un geniale tecnico neozelandese, John Britten.  La nuova Zelanda è terra di personaggi strani ma anche di tecnici sopraffini se è vero che Britten come Bart Munro – il protagonista del film “Indian la grande sfida” con Antony Hopkins, se non lo avete visto fatelo – , dopo aver messo le mani su un po’ di moto ha deciso di costruirsene una tutta sua, e per tutta intendiamo dal motore alla ciclistica.Britten è morto precocemente per un melanoma nel 1995 dopo aver prodotto solo 10 moto (oggi di enorme valore), ma la sua visione tecnica ha lasciato il segno. Sono davvero molte le analogie tra la Britten (di cui si narra che Filippo Preziosi sia un grande estimatore) e la Panigale, a partire dal motore bicilindrico completamente portante, passando per il posizionamento anomalo del monoammortizzatore, laterale sulla Ducati e addirittura anteriore, davanti al motore, sulla Britten). Interessante notare come la Britten nonostante la sua fattura completamente artigianale sia stata in grado di competere ad armi pari e battere le moto dell’epoca, vincendo anche a Daytona. Nel 1994 la Britten V1000 pesava solo 138 kg e passava i 300 km all’ora. Il suo V2 superquadro erogava 166 cv a 11.800, giri e poteva arrivare a 12.500 giri . Ci piacerebbe che John Britten fosse qui giusto per sapere da lui cosa ne pensa della nuova Ducati…

 

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